Arriva puntuale ogni anno la notizia dell’assegnazione dei premi Nobel. Notizia che, seppur per pochi giorni, porta in auge, tra le parole più ricercate su internet, la Fisica e la Chimica. Ed è anche questo, per noi professionisti Fisici e Chimici, un momento importante per “cavalcare l’onda” della risonanza mediatica che la notizia dei Nobel porta alle nostre categorie.
Quest’anno il Nobel per la Fisica è andato sostanzialmente alla scoperta dei buchi neri. Oggetti cosmici che suscitano molto interesse e di cui, fino a un secolo fa, non sospettavamo neanche l’esistenza. Il Nobel è stato riconosciuto a tre scienziati, Roger Penrose, Reihnard Genzel e Andrea Ghez. Il primo, Penrose, classe 1931, professore emerito dell’Università di Oxford è stato premiato per aver scoperto che la formazione dei buchi neri è coerente (matematicamente) con la teoria della Relatività generale di Albert Einstein. Penrose ha collaborato anche con Stephen Hawking, morto nel 2018, e in effetti le sue previsioni chiave sono inquadrate nei cosiddetti teoremi di Hawking-Penrose.
Geinzel, classe 1952, e A. Ghez, classe 1965, entrambi Professori presso l’Università della California, si sono aggiudicati l’onorificenza per aver scoperto un oggetto supermassiccio al centro della Via Lattea, la nostra galassia. Utilizzando i telescopi più grandi del mondo e sviluppando rilevatori a infrarossi nuovi e con una sensibilità pari a circa 2 micrometri, di nuova generazione in grado di localizzare le stelle in modo relativamente preciso. Hanno quindi scandagliato a lungo il centro della nostra galassia e individuato questo oggetto che, coerentemente con altre congetture e osservazioni, deve necessariamente essere un buco nero e che hanno chiamato Sagittarius A.
Gli astrofisici per 30 anni hanno seguito il percorso di una delle stelle che, soggetta ad attrazione gravitazionale, orbita intorno a Sagittarius A con una velocità pari al 3% della velocità della luce. Ciò che è stato osservato e studiato è che S2, la stella in questione, non descrive una semplice ellisse chiusa durante la sua rivoluzione attorno a Sagittarius A, ma il suo moto disegna una sorta di rosone. Il motivo di questa distorsione riguarda proprio la presenza del buco nero al quale la stella passa piuttosto vicino. Un oggetto il cui diametro dovrebbe essere pari a circa 20 miliardi di chilometri.
La legge di gravitazione universale formulata da Newton ci permette di calcolare con ottima approssimazione la caduta di un oggetto o l’orbita terrestre. Ma, dove il campo gravitazionale si fa davvero molto intenso, come in prossimità di un buco nero, le formule di Newton non bastano più. Infatti l’orbita di S2, come anche quella di Mercurio (pianeta più vicino al Sole), subisce una precessione molto più marcata, tale per cui ogni volta che si avvicina al centro di gravitazione l’orbita viene modificata leggermente. Orbita che è possibile calcolare grazie alla Relatività generale di Einstein.
Di per sè l’esistenza dei buchi neri conferma e valida, insieme ad altre osservazioni, la formulazione della Relatività generale di Einstein, spartiacque tra classico e moderno nel mondo della Fisica. Ed è proprio alla base della Fisica moderna che si sviluppano molte applicazioni tecnologiche, dalla produzione di energia agli acceleratori lineari utilizzati a scopo medico, che accompagnano le grandi evoluzioni della nostra epoca e anche della nostra stessa professione.
Ultimo inciso: Andrea Ghez è la quarta donna da sempre a vincere un premio Nobel per la Fisica, ma la seconda negli ultimi 3 anni.
Dott.ssa Fis. Erica Martinucci
Referente Fisico per la comunicazione della FNCF