È un concetto abbastanza diffuso quello di considerare la chimica, la fisica e le scienze fondamentali in genere come fredde, distaccate, lontane da quelle che sono le reali problematiche della quotidianità. Uno “scienziato” è presente nell’immaginario comune solo in qualità di uomo col camice e i capelli un po’ arruffati, disordinato, non del tutto in grado di socializzare perché i suoi pensieri vanno sempre più veloci della realtà che lo circonda.
Anche da laureata in fisica, ammetto di aver spesso avuto difficoltà a raccontare “chi è un Fisico e cosa fa nella vita”.
Già avvicinandomi al mondo della fisica biomedica nel mio percorso di laurea magistrale avevo pian piano cominciato a scoprire ed apprezzare la varietà di ambiti nei quali, talvolta in sordina, un fisico può fare la differenza.
Quando poi, in occasione della Giornata nazionale del Chimico e del Fisico, il mio lavoro di tesi è stato premiato nella sezione “fisica” del concorso “CHIMICA E FISICA AL FEMMINILE”, istituito dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici, ho avuto modo di rendermi conto di quanto effettivamente “fare scienza” sia un qualcosa di profondamente radicato nella vita di tutti i giorni.
I vari interventi e dibattiti ascoltati quel pomeriggio, in un aula che pullulava di idee e di confronto, mi hanno fatto comprendere che “fare scienza” è un qualcosa che va oltre gli obiettivi del singolo, e che, al contrario, riguarda la vita della comunità più di quanto lo si possa immaginare; che un Fisico, o un Chimico come poi ho appreso, possono essere parte di una realtà dinamica con il comune obiettivo di migliorare la qualità della vita della società di cui fanno parte.
Sono rientrata da Roma rafforzata nella consapevolezza di ciò, dell’ideale di scienza in cui ho sempre creduto e che ho voluto fortemente perseguire con la tesi per la quale sono stata premiata, dal titolo “Metodi computazionali innovativi per la valutazione della dose da esposizione ai NORM nella prospettiva dell’Economia Circolare”.
Con il mio lavoro di tesi ho cercato di porre l’attenzione su quelle attività industriali che nei loro processi prevedono l’utilizzo di NORM (Naturally Occuring Radioactive Material), nell’ottica dell’adeguamento di queste realtà ai principi dell’Economia Circolare. Nonostante esistano, infatti, delle linee guida per la radioprotezione dell’ambiente, esse non sono ad oggi recepite nelle normative nazionali o europee, se non nei casi in cui la contaminazione di altri esseri viventi non sia direttamente coinvolta nell’esposizione umana, ad esempio tramite catena alimentare. L’obiettivo che mi sono posta, supportata dal Laboratorio di Radioattività del Dipartimento di fisica dell’Università Federico II di Napoli nelle persone della Professoressa Mariagabriella Pugliese e del Dott. Giuseppe La Verde, è stato quindi di proporre un nuovo approccio alla valutazione del rischio, che consideri sia i limiti di dose esistenti per l’uomo, sia i Derived Consideration Reference Level (DCRL) previsti dall’ICRP 108/08 per il biota, per ottenere risultati adeguati a garantire globalmente l’assenza di effetti avversi dovuti all’esposizione a radiazioni ionizzanti. Lo scenario analizzato è stato quello del riciclo in agricoltura di fanghi provenienti da impianti di depurazione degli effluenti delle industrie di gas e petrolio, già inserita in un quadro normativo riguardante l’uso in agricoltura di fanghi di depurazione come fertilizzanti o ammendanti che però non prevede limiti o indicazioni sulla presenza di radionuclidi naturali. Per il calcolo della dose, seguendo le indicazioni del RP 122 part II, sono stati selezionati i radionuclidi tipici di questo tipo di materiali, in concentrazioni di attività pari a 1 kBq/kg. Utilizzando uno dei software più diffusi per il calcolo della dose al biota, ERICA Tool, sono state calcolate le dosi assorbite per la totalità degli organismi dell’ecosistema terrestre in esso presenti e si è registrato in tutti i casi un superamento del valore di 10 μGy/h imposto come criterio di screening. Tali risultati corrispondevano però ad uno scenario espositivo non realistico poiché nello spargimento di fertilizzanti su suoli agricoli, essi vengono mescolati al terreno, portando ad una drastica diminuzione delle concentrazioni di attività. Lo scenario è stato dunque modellizzato calcolando le quantità relative di fango e terreno e sono state effettuate nuove valutazioni di dose, confermando che, a differenza del caso precedente, nessuno degli organismi riceveva dosi assorbite superiori al livello di screening.
A partire da tali risultati sono stati quindi individuati gli organismi per i quali la dose assorbita è massima: licheni e briofite in tutti i casi e mammiferi di grandi dimensioni per il 40K. Tali valori sono stati utilizzati per calcolare gli Operational Level (OL), valori massimi di concentrazione di attività al di sotto dei quali non vi è rischio di comparsa di effetti avversi per il biota, ottenuti dal rapporto tra il valore di screening e la dose limitante.
La stessa procedura è stata eseguita utilizzando il software RESRAD ONSITE per la valutazione di dose all’uomo. Sono state calcolate le dosi efficaci per lavoratori ed individui rappresentativi (infante, 1 anno, 5 anni, 10 anni, 15 anni, adulto). L’individuo limitante è risultato essere l’infante per tutti i radionuclidi, esclusi 210Po (1 anno) e 232Th (15 anni). Considerando il livello di allontanamento pari a 1 𝑚𝑆𝑣/𝑦 per il lavoratore, sono stati calcolati gli OL per l’uomo (OLU). Confrontandoli con quelli ottenuti per il biota (OLB), questi ultimi relativamente ai radionuclidi Unat, 210Po e 228Th sono inferiori anche di un ordine di grandezza. Ciò ha evidenziato la criticità di considerare i soli OLU come strumenti per la valutazione del rischio, come è prassi, trascurando completamente la tutela dell’ecosistema, che è tra gli obiettivi principali delle attuali politiche economiche europee.
Abbiamo pertanto elaborato e proposto un modello integrato di risk management che preveda un’integrazione degli OLU con gli OLB per i tre radionuclidi di interesse, così da garantire la radioprotezione sia per l’uomo che per il biota.
Ringrazio nuovamente l’Ordine per il premio conferitomi e, soprattutto, per l’impegno nel supporto all’affermazione delle donne nella scienza. Sapere che c’è chi si preoccupa che tutti abbiano pari opportunità rincuora e incoraggia ad andare avanti.
Dott.ssa Chiara Imparato