Ammettiamolo: d’inverno il caminetto acceso, oltre a riscaldare gli ambienti di casa, crea un’atmosfera magica. Quest’anno, poi, in tanti hanno deciso di accenderlo più spesso per l’aumento dei prezzi del gas. C’è però un prezzo da pagare, in termini di inquinamento atmosferico e salute umana, svelato dalla Società italiana di medicina ambientale. La SIMA, il 12 novembre, ha pubblicato una serie di dati sui pericoli legati alle fonti alternative di riscaldamento domestico. In Italia, i camini aperti tradizionali rilasciano nell’atmosfera 3.679 tonnellate di PM10 ogni anno, cifra che scende a 2.401 tonnellate per quelli chiusi. Mentre le stufe a legna sono responsabili di 2.651 tonnellate di PM10. E i pericoli per la salute umana? “Sono molte le sostanze che vengono emesse da caminetti e stufe. Fra le principali, le polveri sottili e gli idrocarburi policiclici aromatici, alcuni dei quali sono classificati come cancerogeni dall’Istituto internazionale di ricerca sul cancro”, spiega il presidente della SIMA Alessandro Miani.

“L’inquinamento indoor è pericoloso perché il particolato, se inalato, può fungere da carrier per il gas radon. Questo può liberare radiazioni che possono modificare i processi biologici delle cellule. Il radon oggi è la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta” conclude Miani. Le polveri fini causano anche altri problemi all’apparato cardiovascolare e al sistema respiratorio, come asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Certo, spegnere stufe e camini può ridurre i rischi per la salute, ma anche tenere sempre acceso lo smartphone non è il massimo perché ci espone a radiazioni a radiofrequenza. Un dato specifico che raramente viene dichiarato dai produttori, ma che l’Ufficio federale tedesco per la protezione dalle radiazioni aggiorna costantemente online. Attraverso un database che include tutti gli smartphone presenti sul mercato e i relativi indici SAR (Specific Absorption Rate), ovvero l’unità di misura che rappresenta la quantità di energia elettromagnetica assorbita dal corpo quando si utilizzano. Sebbene la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro confermi da tempo che non ci sia un nesso tra l’uso del cellulare, in particolare quelli di nuova generazione, e i tumori cerebrali, alcuni consumatori continuano a temerlo perché le vecchie generazioni di telefoni avevano fatto emergere criticità nel 10% dei soggetti che ne facevano un uso intensivo.

Secondo Alessandro Polichetti, del Centro nazionale per la difesa dalle radiazioni e la fisica computazionale, “la maggior parte degli studi sugli uomini esclude conseguenze per la salute. Solo in alcuni casi si è visto un aumento di gliomi e neurinomi del nervo acustico”. “Ai risultati si è arrivati chiedendo a persone già malate quanto avevano usato il cellulare nella loro vita. Un metodo che in epidemiologia è considerato soggetto a distorsioni della memoria. Tanto più che se guardiamo all’incidenza di questi tumori negli ultimi decenni fra la popolazione generale non notiamo alcun aumento”, ha puntualizzato l’esperto.

In sintesi, la gestione delle frequenze da parte dei componenti dei cellulari può generare un calore che poi viene assorbito dalla pelle e altri tessuti superficiali. Qualche accorgimento? Evitare di utilizzare lo smartphone per molte ore di seguito a diretto contatto con l’orecchio, preferendo l’uso di auricolari e tenere l’apparecchio nella borsa o nella giacca, invece che in tasca. Ovviamente un cellulare con emissioni ridotte è preferibile, anche se mediamente ormai si parla di modelli molto efficienti e sicuri.

Comunque, la radioattività non è stata inventata dall’uomo e dal progresso, ma c’è da sempre: ne esiste un tipo generato da fonti che si trovano in natura. Un esempio? Le radiazioni cosmiche che giungono sulla Terra attraverso l’atmosfera. Sono numerosi, inoltre, gli elementi radioattivi nella crosta terrestre, nel corpo umano e anche negli alimenti. Esempi di radionuclidi naturali sono l’uranio, presente in molte formazioni geologiche, il radon (elemento gassoso derivante da una famiglia radioattiva dell’uranio) e il potassio. Elementi radioattivi possono trovarsi in materiali di uso comune come granito, materiali da costruzione, fertilizzanti e petrolio: alcuni esempi che dimostrano come la radioattività sia più comune di quanto si pensi… anche dentro casa.