Poco meno di un anno fa è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 101/2020 che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Un decreto che recepisce una Direttiva Europea e che ha portato importanti novità soprattutto a chi, tra Fisici e Chimici, svolge la professione in ambito radioprotezionistico.

Anche nel nuovo Decreto, in analogia con il previgente in materia (il D.Lgs 230/95), è contenuto un articolo (Art. 39) in cui viene vietata l’aggiunta intenzionale di sostanze radioattive nella produzione di diversi prodotti con vari utilizzi tra cui i prodotti per l’igiene e cosmesi.

Perchè è necessario vietare l’aggiunta di sostanze radioattive? Esiste la possibilità che vengano prodotti cosmetici radioattivi?  

Per la prima metà del ‘900 Europa e  Stati Uniti furono pervasi dall’entusiasmo per qualsiasi prodotto che dichiarasse di contenere Radio, elemento appena scoperto e subito salito alla ribalta. Portato alla luce dai coniugi Curie, il Radio brillava al buio e si pensava possedesse proprietà benefiche. Nel febbraio 1921, per esempio, il dottor Charles G. Davis di Chicago pubblicava sull’ “American Journal of Clinical Medicine”: “La radioattività è l’essenza stessa della vita […] previene la pazzia, stimola le emozioni nobili, ritarda la vecchiaia e crea una splendida, lieta vita giovanile”.

Iniziarono ad essere prodotte e commercializzate creme e compresse radioattive, divennero famose le località termali con fanghi e acque con un’alta radioattività naturale. In Francia, venne brevettato il marchio “Tho-Radia” per una linea di prodotti di bellezza contenenti sali di Torio e Radio: creme per il viso, polveri, balsami, saponi, dentifrici, compresse per l’igiene intima. E non per ultimo, il rossetto radioattivo pubblicizzato perché donava alle labbra tonalità speciali e una bellezza fuori dal comune. Il massimo momento di splendore per il mercato dei prodotti radioattivi  arrivò col “Radithor”, una soluzione di due isotopi del radio (Ra-226 e Ra-228) disciolti in acqua distillata per la cura di debolezza e impotenza. Si calcola che furono acquistate oltre 400 mila boccette di “Radithor” a un dollaro l’una.

Col tempo, alcuni casi di “avvelenamento da Radio” cominciarono a insospettire la comunità medica e divennero noti: fu eclatante il caso poi battezzato delle “Radium Girls”, ovvero le lavoratrici della Radium Corporation le quali dipingevano i quadranti luminosi degli orologi con vernice al Radio e dopo poco cominciarono a perdere i denti, sviluppare necrosi del tessuto osseo e altri danni a carico del midollo osseo, dei reni e del fegato. Il caso delle “Radium Girls” contribuì nel tempo a portare alla luce la pericolosità dell’esposizione alle sostanze radioattive ma occorre attendere ancora le esplosioni delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagaski per porre fine al commercio di prodotti radioattivi.

Ancora oggi però in alcune parti del mondo dove non sussiste una rigida regolamentazione, vengono sponsorizzate ai fini salutistici ed estetici alcune località termali con eccessive concentrazioni di radioisotpi naturali.

 

 

Dott.ssa  Fis. Erica Martinucci

Referente Fisico Gruppo Comunicazione FNCF