Il lavoro è da millenni il motore di ogni civiltà. Si perdono nelle nebbie del tempo e delle narrazioni le difficoltà e le trasformazioni che si sono rese necessarie nel lavoro e per i lavoratori lungo lo scorrere della storia, ma rimane memoria del gran numero di incidenti nei luoghi di lavoro che hanno provocato morte e danni a cose e all’ambiente.

In Italia sin dal 1930 sono state introdotte le prime norme orientate all’attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro, e negli anni Cinquanta si assisteva all’emanazione di una teoria di Decreti volti alla declinazione della sicurezza nei principali settori occupazionali. Solo negli anni Novanta, tuttavia, l’ancora elevato numero di incidenti nei luoghi di lavoro portava al recepimento delle direttive della Comunità Europea in materia, e ciò è risultato nell’emanazione di due importanti Decreti Legislativi (il D. Lgs. n. 626 del 19 settembre 1994, che individuava e definiva, tra le altre cose, la figura e il ruolo dell’RSPP, e il D.Lgs. n. 494 del 14 agosto 1996 che focalizzava la norma nel caso particolare della cantieristica e dell’edilizia).

L’incendio e le esplosioni avvenute nella notte fra il 5 e il 6 dicembre 2007 presso la sede torinese della ThyssenKrupp avevano portato alla morte di sette degli otto operai coinvolti nell’incidente, dopo settimane di indicibile agonia. Il caso scosse a tal punto le coscienze e le responsabilità che solo pochi mesi dopo, il 9 aprile 2008, veniva pubblicato quello che conosciamo oggi come “Testo Unico in materia di Salute e Sicurezza nei luoghi di Lavoro”, il D. Lgs. 81/2008. Tale corpus abrogava la preesistente normativa e in modo organico disciplinava definizioni, attività e ruoli con l’obiettivo di aumentare la sicurezza nei luoghi di lavoro e di potenziare la prevenzione, la valutazione dei rischi e ogni altro aspetto che potesse avere rilevanza nella tutela della sicurezza delle persone e delle cose in ambito lavorativo.

Nel 2015 l’Italia recepiva inoltre la regolamentazione CE/1272/08, meglio conosciuta come regolamento CLP, che in accordo al Regolamento REACH prevedeva la redazione di schede sicurezza suddivise in 16 sezioni e definiva specifici pittogrammi utili a interpretare velocemente la tipologia di rischio associato.

Dal momento che con la parola “sicurezza” si intende la caratteristica peculiare di “ciò che non presenta pericoli o ne è ben difeso”, occorre precisare che con la parola “pericoli” si vuole identificare “ogni cosa che possa provocare un danno chimico, fisico o biologico”. In questa direzione assumono quindi importante rilievo variabili quali ad esempio il rischio, l’esposizione al rischio stesso, gli aspetti legati alla prevenzione e protezione individuale e collettiva dei lavoratori, il trasporto e lo stoccaggio di sostanze potenzialmente pericolose, il monitoraggio dei parametri ambientali. L’analisi dei rischi e la conseguente protezione deve essere espletata dal Professionista attraverso controlli e modellazione della valutazione di rischio. Inoltre, considerando anche la variabilità delle tipologie di rischio, ben definite dal Testo Unico, (fisico, chimico, biologico), è necessaria la sinergia tra le diverse professioni che preveda la corretta analisi di ogni elemento costituente il caso di studio (iconico quanto importante è ad esempio il modello “a fette di formaggio”, che delinea e definisce opportune barriere atte a mitigare il rischio o a meglio gestire le situazioni di emergenza).

Il Professionista Chimico può svolgere con piena competenza e “saper fare” numerose attività nel settore della sicurezza sul lavoro, e tra queste, particolarmente delicata è l’attività del Chimico Antincendio, che opera di concerto con altre Professioni e con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco assolvendo alla cogente normativa e relativa formazione continua, che ne garantisce aggionamento e professionalità.