Immergendo la testa sott’acqua uno dei primi sensi a percepire una notevole variazione è l’udito. L’ambiente marino sembra quasi silenzioso e invece non lo è affatto ma la nostra percezione del suono si modifica notevolmente per due ragioni fondamentali:

 

  • il suono si propaga in un mezzo diverso dall’aria e si propaga molto più velocemente perché l’acqua è meno comprimibile dell’aria e quindi la vibrazione viene trasmessa più rapidamente (approssimativamente la velocità del suono in acqua è 1500 m/s)
  • il nostro orecchio non è in grado di recepire il suono allo stesso modo perché avendo il padiglione auricolare la stessa densità dell’acqua non riesce a ricevere e trasmettere la vibrazione all’orecchio medio e interno dove poi il suono viene convertito in segnali nervosi per il cervello.

 

Il suono è una variazione di pressione che si propaga in un mezzo fisico elastico, una successione di compressioni e rarefazioni ed è quindi la densità del mezzo a determinarne la sua velocità. Sott’acqua inoltre la densità è funzione di pressione, temperatura e salinità. Quindi, il suono viaggia più veloce nelle calde acque superficiali e più lento in quelle fredde e profonde. Continuando a scendere in profondità, però, quando la pressione della colonna d’acqua sovrastante è abbastanza forte da controbilanciare l’abbassamento di temperatura, la velocità torna a crescere e nell’oceano più profondo il suono correrà molto più rapidamente che in superficie.

L’ onda sonora viaggia velocemente ma riusciamo a percepirne ugualmente alcune componenti, anche se in modo molto attenuato, utilizzando non il padiglione auricolare ma le ossa della nostra scatola cranica. Le vibrazioni acustiche vengono infatti captate dalle ossa del cranio poiché queste sono più dense dell’acqua, motivo per il quale tra l’altro non riusciamo a percepirne la direzione.

 

L’acustica subacquea è una branca della fisica acustica che studia la propagazione del suono nell’ambiente sottomarino, fenomeno che trova le sue maggiori applicazioni sia dal punto di vista della salvaguardia dell’ambiente ma anche in ambito nautico e militare.

Il rumore subacqueo, con una Direttiva Quadro Europea del 2008 recepita in Italia con il D.Lgs. 190/2010, viene definito come un parametro indicativo della qualità dell’ambiente marino. Qui, infatti, il suono può percorrere notevoli distanze e oltre ai suoni biologici è possibile individuare anche molti rumori di origine antropica. Questi suoni, infatti, interferiscono fortemente con le capacità sensoriali degli animali e la loro possibilità di comunicare, provocando anche gravi alterazioni del rapporto preda/predatore o dei comportamenti riproduttivi e di orientamento.

Infatti molti organismi marini utilizzano il suono per adattarsi nel loro ambiente, stabilire comunicazioni, individuare il cibo, navigare e orientarsi. Risulta  quindi evidente come l’utilizzo dei suoni rivesta un ruolo biologico fondamentale per molti organismi marini e quindi sia di primaria importanza mantenere il rumore di fondo negli oceani entro livelli che garantiscano il continuo e ininterrotto scambio di informazioni tra gli organismi che li abitano. Per alcuni animali come i cetacei, l’importanza dell’udito è paragonabile a quella della vista nell’uomo.

 

Gli Stati membri dell’UE si sono posti fin dal 2001 l’obiettivo di raggiungere il buono stato ambientale (GES, “Good Environmental Status”) per le proprie acque marine, mettendo in atto, per ogni regione o sotto regione marina, una strategia che consta di un di un attento programma di misure di mitigazione del rumore.

 

Passando alla nautica e alla marina militare, un’importante applicazione della fisica acustica è il SONAR (SOund Navigation And Ranging), ovvero una tecnica che utilizza la propagazione del suono sott’acqua per la navigazione e per la rilevazione di oggetti/ostacoli vicini.

Questo sistema sfrutta il fenomeno della riflessione dell’onda sonora. I SONAR possono essere passivi o attivi. Nel primo caso, essi sono usati per identificare la presenza di particolari fonti sonore, con l’utilizzo di idrofoni, ovvero sensori elettrici in grado di captare le vibrazioni e localizzare l’oggetto emettitore del suono. Mentre i sonar attivi sfruttano il fenomeno della riflessione dell’onda: essi sono costituiti da dispositivi di trasmissione/ricezione di impulsi sonori e riescono a misurare il “tempo di volo” (cioè del tempo di andata e ritorno) dell’onda sonora riflessa. Mentre i primi sono silenziosi e quindi “invisibili”, quegli attivi forniscono la distanza dall’obiettivo con estrema precisione ma producono essi stessi rumore, contribuendo all’inquinamento acustico sottomarino.

Infatti i sonar militari sono oggi considerati i principali responsabili di numerosi spiaggiamenti di massa di cetacei avvenuti a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.

 

 

Dott.ssa Fis. Erica Martinucci