La decima sezione della Corte di Giustizia Europea, con decisione del 28 marzo 2019, ha emesso una importante Sentenza in relazione al delicato argomento della corretta classificazione dei rifiuti cosiddetti “a specchio” esprimendosi, contestualmente, anche sulla valenza del principio di precauzione.

A tale decisione si è pervenuti a seguito di un procedimento penale oggetto di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea (ord. n. 37460/2017), avente ad oggetto la questione delle voci a specchio nell’ambito di un procedimento penale iscritto presso la Procura di Roma, a carico di soggetti che avrebbero organizzato e gestito abusivamente un ciclo di smaltimento di ingenti quantità di rifiuti, principalmente avvalendosi di impianti di discarica.

La pronuncia della Corte Europea trae spunto sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, come modificata dal Reg. UE n. 1357/2014, nonché dell’allegato, rubrica intitolata «Valutazione e classificazione», punto 2, della decisione 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE e la decisione 94/904/CE che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi, come modificata dalla decisione 2014/955/UE.

La corretta classificazione dei rifiuti, di frequente, è una problematica pregiudiziale “tutta italiana” come pure la corretta interpretazione di norme europee; infatti si è verificata, prima di tale decisione, una difforme interpretazione della norma che ha visto contrapposte due diverse visioni o tesi sulla classificazione dei rifiuti. La tesi della “certezza” o “pericolosità presunta” e la tesi della “probabilità”.

Tali posizioni sono ben argomentate nella  requisitoria del Procuratore Generale della Cassazione Avv. Pasquale Fimiani che di seguito si riportano in sintesi :

“l’individuazione del codice che compete al rifiuto potrà derivare solo dalla conoscenza certa della sua composizione in modo da poter valutare se in esso siano o no presenti sostanze pericolose specifiche o generiche e conseguentemente se esso possieda o meno caratteristiche di pericolo. A tal fine, qualora non sia possibile conoscerne la composizione in base al processo di produzione ed alla scheda del produttore, sarà necessario procedere alla caratterizzazione chimica del rifiuto (che è cosa ben diversa dalla identificazione della composizione merceologica), con la individuazione delle sostanze in esso contenute, per poter verificare così, in concreto, se tra queste vi siano o meno sostanze pericolose. Con il conseguente corollario che un rifiuto potrà essere considerato non pericoloso solo se questa verificazione avrà dato esito negativo”.

Pertanto, secondo tale tesi, l’analisi deve essere “esaustiva”, cioè indagare tutte le componenti del rifiuto in modo che raggiunga nel complesso il 100% della composizione del rifiuto analizzato che deve essere poi avviato al trattamento finale . “In concreto, in base a tale impostazione, poiché per alcuni parametri la norma fa dipendere la natura pericolosa dalla presenza di sostanza pericolose in concentrazione totale uguale o maggiore allo 0,1 %, l’analisi è esaustiva solo se copra la percentuale residua, cioè il 99,99% del rifiuto analizzato”.

La seconda tesi contrapposta prevedeva che :

“in caso di voci a specchio, per verificare la pericolosità di un rifiuto, non è ovviamente necessario verificare analiticamente la presenza di tutte le migliaia di sostanze pericolose esistenti e determinarne la concentrazione, ma deve essere indagata la presenza delle sostanze che con più elevato livello di probabilità potrebbero essere presenti nel rifiuto e, con riferimento a quelle, verificare il superamento dei limiti di concentrazione, ove previsti”, con la conseguenza che è sufficiente “prendere in considerazione la ricerca di tutte quelle sostanze pericolose considerate ubiquitarie, o, comunque, molto comuni, oltrechè di tutte le eventuali sostanze specifiche, pertinenti con il processo di produzione del rifiuto, risultanti a valle dei processi logici di valutazione che il Chimico deve aver potuto/dovuto effettuare”.

La suddetta decisione che di seguito si riporta in sintesi, ha portato a ragionevolezza per la ricerca di eventuali sostanze pericolose, con possibilità di utilizzare campionamenti, analisi chimiche e prove previsti dal Reg. CE n. 440/2008 ed ai sensi del Reg. CE n. 1907/206 (REACH):

1) L’allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, come modificata dal Regolamento (UE) n. 1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, nonché l’allegato della decisione 2000/532/CE della Commissione, del 3 maggio 2000, che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi, come modificata dalla decisione 2014/955/UE della Commissione, del 18 dicembre 2014, devono essere interpretati nel senso che il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi, ma la cui composizione non è immediatamente nota, deve, ai fini di tale classificazione, determinare detta composizione e ricercare le sostanze pericolose che possano ragionevolmente trovarvisi onde stabilire se tale rifiuto presenti caratteristiche di pericolo, e a tal fine può utilizzare campionamenti, analisi chimiche e prove previsti dal regolamento (CE) n. 440/2008 della Commissione, del 30 maggio 2008, che istituisce dei metodi di prova ai sensi del Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) o qualsiasi altro campionamento, analisi chimica e prova riconosciuti a livello internazionale.

2) Il principio di precauzione deve essere interpretato nel senso che, qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che detto rifiuto presenta, quest’ultimo deve essere classificato come rifiuto pericoloso.

In relazione a tutto quanto sopra riportato e visto che la sentenza della Corte di Giustizia è frutto di un rimando pregiudiziale della cassazione, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici, augurandosi che sia raggiunto il giusto equilibrio tra tutela dell’ambiente e della salute e certezza e applicabilità delle norme di ispirazione tecnico-scientifica, non può e non vuole interferire col normale funzionamento degli organi dello stato, di cui è uno strumento sussidiario,  ma rimane a disposizione nel caso in cui fosse richiesto da questi o da altri enti, per fornire eventuali chiarimenti e interpretazioni scientifiche visto che, a seguito della entrata in vigore della Legge N°3/2018, i Chimici ed i Fisici sono diventati professionisti sanitari e titolati, qualora iscritti all’Albo unico, a svolgere analisi chimiche con qualunque metodo e a qualunque scopo destinate alla  salute della popolazione e dell’ambiente.

 

dott. chim. Mauro Bocciarelli

Tesoriere della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici